Dislessia…primi segnali

Dislessia…primi segnali

 

disl33

Dislessia bambini: che cosa è, quali sono i segnali d’allarme e strategie di aiuto

pha-092745.600

Corrono il rischio di essere etichettati come pigri, svogliati e disattenti. Perché fanno fatica a imparare a leggere e non riescono a farlo speditamente, col rischio di non capire quello che leggono. Difficilmente poi non incappano in qualche errore durante i dettati e, a volte, imparare a memoria una poesia è un’impresa tutta in salita. Ma non è questione di scarso impegno o mancanza di concentrazione.

 

Le bambine e i bambini dislessici hanno a che fare con un disturbo specifico dell’apprendimento che rende più difficile imparare a leggere e scrivere, tanto da poter condizionare negativamente il rendimento scolastico, e far sentire a disagio i piccoli scolari che non riescono a padroneggiare le lettere che affollano la pagina di un libro, di un quaderno o la lavagna.

 

Ma non per questo si deve mettere in discussione la loro intelligenza. I bambini con dislessia, infatti, sono intelligenti, non hanno problemi neurologici e sensoriali (vista, udito), ma il loro cervello funziona un po’ diversamente, per cui hanno una ridotta capacità di percepire, distinguere e manipolare i suoni che compongono le parole e una grossa difficoltà nell’associare il suono alla lettera corrispondente.

 

Nostrofiglio.it ha consultato un pool di esperti per conoscere meglio la dislessia e capire cosa fare per aiutare i bambini.

 

 

Che cosa è la dislessia?

 

“La dislessia evolutiva, detta anche disturbo specifico della lettura, è un disturbo dello sviluppo neurobiologico che compromette la capacità di imparare a svolgere in modo fluido e senza fatica tutte quelle operazioni mentali necessarie per leggere: riconoscere le singole lettere, le sillabe o le parole, e associarle con i suoni corrispondenti” .

 

 

Come si può manifestare la dislessia?

 

La dislessia si manifesta innanzitutto con evidenti difficoltà di lettura. Nel complesso, infatti, le prestazioni nella lettura dei bambini dislessici risultano molto al di sotto del livello che ci si aspetterebbe in base all’età, alla classe frequentata e al livello intellettivo generale.

 

“I dislessici qualche volta leggono anche piuttosto velocemente, ma non in modo corretto”. La lettura, cioè, è accompagnata da numerosi errori, quali, per esempio, omissioni di parole o parti di parola, inversioni di lettere o numeri (21-12), confusione tra lettere, per esempio quelle che hanno tratti visivi simili o speculari (e/a, b/d), e sostituzioni di parti o intere parole, in pratica una parola viene letta al posto di un’altra con cui condivide alcune lettere , a causa di un deficit nel processare l’informazione visiva.

 

“Oppure la lettura può essere sufficientemente corretta, ma molto lenta, perché la decodifica grafema-fonema non è automatizzata”.

 

 

 

Inoltre, spesso i bambini dislessici incontrano difficoltà nel comprendere ciò che leggono e, di conseguenza, devono rileggere più volte un testo per capirne il contenuto, con l’effetto di affaticarsi di più.

 

E non di rado la dislessia è accompagnata da altre difficoltà, per esempio verbali,

  • come recuperare termini appropriati o memorizzare parole nuove, con i numeri, in particolare nel calcolo mentale e nella memorizzazione delle tabelline, o nella scrittura (disortografia). (Scopri12 trucchi per imparare le tabelline)
  • Spesso, poi, il bambino dislessico manifesta disagio psicologico, difficoltà comportamentali e demotivazione nei confronti della scuola: ma sono conseguenze della dislessia e non la causa.

 

 

A quale età si manifesta la dislessia?

 

La dislessia è un disturbo congenito, presente fin dalla nascita: “E’ stata accertata infatti una significativa componente genetica, su base familiare ed ereditaria.

 

In altre parole, il problema risulta evidente in seconda-terza elementare, anche se alcuni segni si possono osservare già a partire dalla scuola dell’infanzia. “Il 60%, infatti, dei bambini che manifestano un ritardo nello sviluppo del linguaggio in età prescolare, perché per esempio storpiano le parole e hanno uno scarso vocabolario, manifestano poi disturbi dell’apprendimento” .

 

Attenzione però.

 

 

Non tutte le difficoltà di lettura però sono dislessia.

 

 

“Va ricordato che non tutti i bambini che inizialmente mostrano difficoltà nell’acquisire le basi della lettura sono dislessici “. Molti recuperano spontaneamente le difficoltà iniziali e raggiungono in tempi abbastanza brevi livelli assolutamente normali di competenza. Proprio per questo, si è molto prudenti e si aspetta almeno un anno e mezzo di scolarizzazione prima di formulare una diagnosi”.

 

 

Campanelli di allarme ?

I principali sono tre

 

 

 

1) ABILITA’ FONOLOGICHE “ la capacità o meno di discriminare suoni simili e di segmentare i suoni delle parole nelle sillabe costituenti”.

 

2) DIFFICOLTA’ A REPERIRE LA PAROLA GIUSTA da usare al momento giusto.

 

3) DEFICIT DELLA CAPACITA’ VISIVA , cioè la capacità di estrarre dal contesto visivo l’informazione rilevante rispetto a quella irrilevante, possono indicare rischio di dislessia.

 

Come si fa la diagnosi di dislessia?

 

  1.  si deve consultare il pediatra e su sua richiesta rivolgersi alla Asl di appartenenza o a un centro specializzato.                                                                                                                                   La diagnosi viene effettuata da un’equipe multidisciplinare composta da neuropsichiatria infantile, psicologo e logopedista.
  2. La si fa solo alla fine della seconda elementare, quando si è chiuso il ciclo di prima alfabetizzazione” .

 

 

 

 

 

In una classe di 20 alunni è abbastanza probabile che almeno un bambino sia dislessico.

 

 

 

 

 

 

 

La dislessia non deve essere percepita dalla famiglia, né tanto meno dal bambino, come una disgrazia o qualcosa di cui vergognarsi, ma come uno dei tanti modi di essere, con i suoi aspetti positivi e negativi e con le sue inevitabili e innegabili fatiche.

 

“Essere pronti ad affrontarle e riuscire a trovare e mobilitare nel proprio contesto le risorse utili a facilitare il percorso è probabilmente la ricetta vincente”

 

Oggi, dunque, le famiglie hanno a disposizione possibilità e strumenti diversi per aiutare i bambini:

  • Trattamenti logopedici,
  • interventi di stimolazione che possono essere effettuati presso centri e studi professionali o anche a domicilio, supervisionati a distanza da operatori specializzati,
  • fino ad arrivare a software sempre più sofisticati che alleggeriscono il carico e la fatica dei ragazzi nelle attività di lettura e scrittura”.

 

L’importante è non scoraggiarsi, non drammatizzare la situazione, e attivarsi senza perdere tempo per definire bisogni e risorse e trovare le risposte più adatte alle esigenze personali dei bambini.

 

È molto importante, infatti, che l’intervento sia precoce, perché quanto più è tempestivo, tanto più si può cercare sia di ridurre le difficoltà, sia di stimolare strategie cognitive per aggirare l’ostacolo, prevenendone anche le conseguenze sul piano psicologico.

 

È altrettanto importante, come si legge sul sito dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che l’ambiente familiare e quello scolastico vadano incontro alle difficoltà del bambino, aiutandolo nella costruzione di un’immagine di sé non fallimentare.

 

A scuola è importante dunque adattare la didattica alle sue difficoltà di apprendimento, con l’adozione di strategie compensative o dispensative: per esempio privilegiando la lettura silenziosa, l’uso di un lettore o di libri “parlanti”, e del computer per la scrittura.

 

“A casa poi – aggiunge Grenci – è meglio che ad aiutare il bambino, nello svolgimento dei compiti, non sia né mamma né papà, per non logorare il rapporto genitore –figlio e in generale il clima familiare con il carico di lavoro scolastico, e ridurre anche l’ansia da prestazione nel bambino”.

 

Ben venga, invece, che mamma e papà leggano libri, storie, fiabe ad alta voce e proponganouna serie di giochi che facciano riflettere il bambino sul linguaggio in maniera ludica, a partire per esempio dagli anagrammi, smontando e ricomponendo parole.

 

 

Cosa prevede la legge 170/2010 sui disturbi specifici di apprendimento?

 

Come spiega Giacomo Stella nel libro Dislessia oggi (Erickson), la legge 170 detta i principi generali che devono guidare l’intervento, nell’ambito scolastico e sanitario, per garantire una gestione appropriata della dislessia e di altri disturbi specifici di apprendimento, al fine di favorire la migliore realizzazione delle potenzialità delle persone che ne sono affette.

 

“Diagnosticata la dislessia, in sostanza la legge prevede che la scuola sviluppi un Piano didattico personalizzato in modo da garantire all’allievo dislessico il diritto di apprendere come gli altri, grazie a misure compensative o dispensative, come per esempio la concessione di tempi più lunghi per lo svolgimento delle prove o il ricorso a verifiche orali anziché scritte” spiegaLucangeli.

 

Strumenti compensativi come il computer, la calcolatrice o la tavola pitagorica non risolvono da soli i problemi, non scrivono da soli i temi o i riassunti- aggiunge Stella – ma costituiscono un elemento di facilitazione che, mentre per i più può essere considerato un optional, per i dislessici diviene un mezzo necessario per soddisfare le richieste scolastiche”.

 

Che cosa non fare se un bambino è dislessico?

 

Non bisogna minarne l’autostima. Dunque insegnanti e genitori devono astenersi dal fare paragoni con altri bambini o dal ridicolizzare o sgridare il bambino per gli errori che fa.

 

E’ importante invece “incoraggiare sempre il bambino, perché fa più fatica, ma alla fine impara come gli altri e la dislessia non gli impedirà di raggiungere soddisfazioni scolastiche e lavorative,” aggiunge la logopedista Grenci.

 

Dannoso, insistere nel far leggere ad alta voce (oppure imparare una poesia a memoria) perché non si fa altro che affaticare il bambino e causargli frustrazione. A lungo andare potrebbe addirittura fargli odiare la lettura.

 

Perché i videogiochi d’azione potrebbero essere di aiuto?

 

I videogiochi d’azione sono caratterizzati da stimoli molto veloci, che compaiono sullo schermo senza sapere dove e quando, principalmente in visione periferica, e richiedono un’accurata coordinazione sensoriale e motoria al fine di pianificare l’azione da compiere in base alla percezione degli stimoli.

 

Comments

  • No comments yet.
  • Add a comment
    ×